Sei tu che scegli dove andare
Modifica il tuo linguaggio per ritrovare il tuo spazio di libertà personale
Oggi volevo parlarti di come si trova il significato di una storia.
Il suo messaggio, il suo senso.
A volte questo è evidente.
A volte invece abbiamo delle storie con un grande potenziale che però non sappiamo bene come usare, se non per intrattenere gli amici.
Io ne ho una che mi è capitata quasi venti anni fa e fino ad oggi non ero ancora riuscito a capire quale fosse l’insegnamento che mi aveva portato.
L’ho raccontata mille volte.
È incredibile, assurda, coinvolgente. Ma vuota.
Fino ad oggi.
Con la scusa di scriverti finalmente ho trovato la sua anima.
La condivido con te e settimana prossima ti racconto come ho fatto - e come puoi fare anche tu - a trovare il messaggio di una storia che ancora non ce l’ha.
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Era una bellissima giornata di inizio estate.
Qualche giorno prima avevo comprato un motorino di seconda mano.
Un cinquantino senza pretese.
E quella mattina era semplicemente perfetta per collaudarlo.
Da Milano dovevo andare a Monza.
Una ventina di chilometri ed era la prima volta che guidavo un motorino, a parte il tragitto fatto quando l’avevo comprato per riportarlo a casa.
La strada che devo fare è un grosso vialone dove magicamente ogni semaforo diventa verde quando arrivo.
Posso andare al massimo.
La fortuna mi sorride oggi.
Scopro che il mio Liberty riesce ad arrivare ai 70 all’ora.
Sento il vento in faccia, il sole che mi scalda e il cielo azzurro davanti a me.
Mi sento davvero libero e felice.
Quando ad un certo punto qualcuno inizia a suonare da dietro.
Mi giro e non capisco.
Continuo ad andare.
Un’altra macchina sento che mi suona.
Controllo le frecce, le luci…sembra tutto a posto. Non capisco.
Un altro clacson.
Quando mi giro questa volta vedo che l’autista dietro di me mi fa dei segni strani.
Mi indica verso il basso.
C’è qualcosa che non va in effetti, sento puzza di bruciato.
È allora che guardo giù e mi accorgo che la mia marmitta è in fiamme 🔥.
Vado in panico, per poco non inchiodo.
Accosto, mi fermo e mi allontano dal motorino. Nei film di solito i veicoli esplodono.
Chiamo il mio amico Marco, esperto di motori e gli spiego la situazione.
“Cerca un meccanico appena puoi”.
Grazie 😬
Allora chiedo in giro informazioni per il meccanico più vicino.
Non c’erano ancora i navigatori.
Mi spiegano: dritto, destra, poi a sinistra, alla rotonda e destra poi continuare dritto.
Me lo ripeto in testa diverse volte: ↑→← ↺→ ↑
↑→← ↺→ ↑
↑→← ↺→ ↑
Ma era ↑→← ↺→ ↑
oppure
↑→→ ↺← ↑
?
Devo aver sbagliato qualcosa perché sul più bello la strada si fa sempre più larga…
E mi ritrovo in tangenziale.
Sì.
Nel primo giorno in cui guido un motorino.
Con la marmitta in fiamme.
In tangenziale.
Se non lo sai i motorini sotto i 100 di cilindrata come il mio, in tangenziale non ci possono stare.
E c’è un motivo abbastanza logico.
Me ne rendo conto personalmente quando il primo camion mi sfreccia di fianco facendomi quasi ribaltare.
Decido di non perdermi d’animo.
Mi metto bello bello in corsia di emergenza.
Vado a 30 all’ora.
Piano piano, mi basta arrivare alla prossima uscita e sono salvo.
Fino a quando, ad un certo punto non mi supera una Smart.
Sembra che mi voglia superare.
Ma quando mi raggiunge rallenta per andare alla mia velocità.
Dentro c’è una grossa signora, che occupa da sola quasi tutto l’abitacolo, con i capelli scuri e un rosario appeso allo specchietto retrovisore.
Oggi me la ricordo più o meno così:
Abbassa il finestrino.
Ovviamente mi aspetto che mi dica “hai le fiamme dalla marmitta”.
Al che avrei potuto dirle “lo so, lo so…”
Ma non mi dice quello.
Quando prende parola si sporge e mi urla in faccia:
“TU QUI NON CI PUOI STARE!”
“In tangenziale i motorini non ci possono stare!”
Cerco di spiegarle educatamente il mio errore e la mia situazione ma niente da fare.
Urla: “ora chiamo la polizia e ti scorto fino all’area di servizio, la aspettiamo lì”.
Rialza il finestrino e mi si piazza dietro.
Mi sta scortando.
Mi sento in trappola.
Mancano 100 metri all’uscita.
50 metri.
“Ora mi prenderò una bella multa”
…
“Forse perderò anche dei punti della patente”
10 metri
“Potrebbero anche ritirarmi la patente per questo?”
5 metri
C***o, no.
Però non è giusto.
Prima le fiamme, poi la tangenziale, poi la psicopatica…
La polizia però no.
Sono io che scelgo dove andare.
Mi dico.
Sono io che scelgo dove andare.
Cambio idea e invece di uscire docilmente, all’ultimo momento sgaso, sprigiono tutta la mia potenza di fuoco (sì, la marmitta sta continuando a fiammeggiare) e alla bellezza di 40 all’ora mi divincolo e rientro in tangenziale.
La Smart era già dentro all’uscita e non ha fatto in tempo a cambiare direzione.
“Sono troppo intelligente” penso.
Ma inizio a sospettare che se quella era una vera matta, non avrebbe lasciato perdere.
Infatti non faccio in tempo a superare l’area di servizio che davanti a me vedo uscire la Smart.
Che mi aspetta paziente.
Sulla rampa di ingresso.
Le passo a fianco e lei si riaffianca, abbassa il finestrino e un’onda sonora mi colpisce dalla sua direzione:
“ORA TI VENGO ADDOSSO, COSÌ L’ASSICURAZIONE NON TI PAGA NEANCHE I DANNI”
e dicendo questo **inizia a stringermi contro il guardrail**
A quel punto ancora una volta mi ricordo:
Sono io che scelgo dove andare.
Questo è troppo.
Penso: “ora mi fermo e la chiamo IO la polizia”.
Io prenderò pure una multa, ma tu devi essere arrestata.
Chiamo la polizia.
Che a dire il vero non sembra molto impressionata dal mio resoconto affannato della situazione.
Stiamo lì a guardarci per circa mezz’ora a distanza di 50 metri, come in un film western, in attesa della polizia.
Che però non arriva.
Forse aveva delle priorità diverse quel giorno?
…
Alla fine ci siamo talmente stufati che entrambi decidiamo di lasciar perdere.
Me ne vado.
Non sono riuscito a fare giustizia.
Ma alla fine ho ancora la mia patente.
Il mio motorino non è ancora esploso.
E soprattutto sono ancora vivo.
-
Ma ancora oggi quando vedo una Smart in tangenziale che mi si avvicina, guardo sempre bene se per caso allo specchietto non penzola un rosario.
—
Questa storia ha trovato un senso e ha fatto click nella mia mente con un concetto potentissimo di Marshall Rosenberg che leggevo in questi giorni.
A volte il nostro linguaggio offusca la consapevolezza della nostra libertà personale.
Alcuni esempi:
“Ho pulito la mia stanza perché dovevo.”
“Bevo perché sono alcolizzato.”
“Ho picchiato mio figlio perché è corso in strada.”
“Ho iniziato a fumare perché lo facevano i miei amici.”
“Ho aspettato nell’area di servizio che arrivasse la polizia perché una matta mi ha obbligato.”
-
Hannah Arendt, nel suo libro La banalità del male, documenta il processo per crimini di guerra all’ufficiale nazista Adolph Eichmann. La Arendt cita le parole di Eichmann, il quale afferma che lui ed i suoi colleghi ufficiali avevano dato un nome al linguaggio che utilizzavano per negare le proprie responsabilità. Lo chiamavano “Amtsprache” che può essere tradotto “linguaggio di ufficio” o burocratese.
Ad esempio se veniva chiesto loro perché avevano intrapreso una certa azione, la risposta poteva essere “dovevo farlo”.
Se veniva chiesto loro perché dovevano farlo, la risposta era “ordini dei capi”.
“Politica dell’azienda”.
“Era la legge”.
Diventiamo pericolosi quando non siamo consapevoli di essere responsabili del nostro comportamento, dei nostri pensieri e dei nostri sentimenti.
In questo senso perfino quando dico “mi fai arrabbiare” non sto guardando con chiarezza la situazione.
Non sei tu che mi fai arrabbiare.
Sono io che ho scelto di arrabbiarmi.
Oppure sono io che non sono riuscito a controllarmi quando è successa questa cosa che hai fatto.
Non sono gli altri la causa delle nostre azioni, c’è sempre un passaggio interno che possiamo fare che ci lascia uno spazio di libertà, fra la “causa” e l’effetto.
Questo spazio di libertà è un tesoro.
È questione di millisecondi.
Fra una situazione esterna che accade e quello che alla fine decidiamo di fare.
Sei tu che scegli cosa dire.
Sei tu che scegli come reagire.
Sei tu che scegli dove andare.
-
A te capita mai di pensare di non avere scelta e di credere che stai facendo qualcosa perché qualcun altro lo ha reso necessario o inevitabile?
In questi casi prova a riformulare il pensiero o la frase per aiutarti a vedere il tuo spazio di libertà.
E’ sempre lì, anche quando è un po’ nascosto.
Ed è prezioso.
Sei tu che scegli dove andare.
Anche quando sei su un motorino in fiamme e hai una psicopatica che ti insegue su una Smart in tangenziale.
Alla prossima, ciao!
Augusto
IL NOSTRO PATTO
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letto tutto d'un fiato, grazie Augusto. È stato come essere lì con te in tangenziale. Grazie per la riflessione sullo spazio di libertà... è una delle cose su cui cerco di lavorare di più (non è affatto facile ma a forza di provare quello spazio diventa sempre più arioso!)
Un’altra riflessione profonda e interessantissima, grazie Augusto!